Famiglia: Leporidi; Genere: Oryctolagus; Specie: Oryctolagus cuniculus huxleyi, Haeckel 1874
Nome sardo: conillu, conigliu, cuniggiu
II Coniglio selvatico è presente in Sardegna con la sottospecie Oryctolagus cuniculus huxleyi (Haeckel, 1874), introdotto dall’uomo in epoca romana nelle isole del mediterraneo e in gran parte dell’Europa. E’ diffuso, con consistenze differenti, su tutto il territorio regionale ad eccezione della Sardegna nord orientale (Gallura), in cui è raro o del tutto assente.
Più piccolo e chiaro della specie nominale, ha una lunghezza totale di circa 38-53 cm, le zampe posteriori lunghe, una colorazione della pelliccia prevalentemente grigia, spruzzata di bianco, che può variare anche dal rossastro, grigio-giallo- marrone sul dorso, il ventre e il sottocoda sono bianchi o biancastro. Si distingue dalla Lepre per il tronco più corto e meno slanciato, le orecchie e le zampe meno lunghe e la testa rotondeggiante. Le zampe anteriori risultano molto più corte degli arti posteriori.
Vive nelle aree di pianura e collinari, raramente supera gli 800-1000 m di altitudine; predilige terreni sabbiosi asciutti, cespugliati, ben esposti ed è frequente nelle zone costiere dunali. Si adatta bene anche ai boschi aperti, alle macchie, alle garighe, agli ambienti rocciosi e anche alle pinete. E’ una specie gregaria che forma gruppi coloniali di circa 10-15 individui per gruppo, con organizzazione gerarchica. Gli individui delle colonie scavano un complesso sistema di tane, fino ad una profondità di circa 3 metri, con svariate camere principali e secondarie, gallerie di connessione e più entrate ed uscite. Di abitudini notturne e crepuscolari, è prettamente erbivoro e si nutre di materiali vegetali di varie origini: piante erbacee, semi, bacche, cereali e ortive coltivati, cortecce e bulbi. Risente della presenza di elevati carichi di ovini e bovini e modifica la sua dieta adattandosi a specie erbacee meno appetite e nutrienti. Il coniglio, per le sue abitudini di vita, è soggetto periodicamente ad epizooie, mixomatosi ed epatite emorragica, che determinano veri e propri crolli delle popolazioni. In natura vive circa 8 – 10 anni.